uno spazio

QUESTO SPAZIO VUOLE CONDIVIDERE LA RICERCA PERSONALE DEL BELLO NELLE PAROLE, IN PARTICOLARE IN QUELLE DELLE POESIE, E NELLE PASSIONI, CHE SONO UN CARATTERE FREQUENTE IN CHI CERCA DI CRESCERE NELLA VITA IN COMUNE. SI TRATTA SEMPRE E COMUNQUE DI COSE CUI POSSIAMO FARE A MENO, È IN FONDO LA RICERCA DI CIÒ CUI NON DOBBIAMO ATTACCARCI. PERTANTO È ANCHE IL TENTATIVO DI CERCARE IL BELLO IN QUALUNQUE COSA DECIDIAMO DI FARE.

13 marzo 2020

quando cambiano i modi di vivere

Da molto tempo non scrivo su questo blog, che ha comunque sempre funzionato per la guida breve all’Ungheria turistica…
In questo momento l’emergenza coronavirus rallenta la vita sociale. Mi pare di capire che anche chi vorrebbe starsene sempre chiuso in casa senza incontrare nessuno si sente un po’ costretto. Parenti lontani mi dicono della necessità di avere più contatti vocali del solito pure con persone che si incontrano raramente. Sia che lavoriamo, sia che non lavoriamo il tempo scorre inevitabilmente in modo inusuale, anche per le prospettive che (non) abbiamo. Forse le nostre stesse attività vengono vissute in modo diverso dal solito.
Molte persone con cui ho parlato o di cui ho letto parlano di libertà che ritroveranno alla fine di tutto ciò. Ciò mi ha fatto pensare a questa definizione, che trovo molto efficace:

La libertà è la coscienza della necessità.

Ma sono stato ispirato a riprendere in mano questo blog da due casuali avvenimenti:
la scelta dei musei di Venezia di offrire ogni giorno un messaggio con informazioni (e attività per bambini da fare in casa) su opere d’arte delle loro collezioni, finché resteranno chiusi, Trovo questa una magnifica idea di conndivisione;
e alcune frasi di Sergiu Celibidache in un filmato (https://www.youtube.com/watch?v=hXmKdmAZNQQ&t=295s) sulla sua attività di direttore d’orchestra e didatta della musica:
– Senza bellezza non ci può essere arte. Ma la bellezza non è un fine. È uno stimolo.
(Veramente usa la parola: esca)
– Non esiste tradizione, ogni volta è una rinascita.

Questi fatti e queste parole mi stimolano (un poco, per quanto riesco a essere pigro) a “cominciare” quello che è il progetto per il mio eventuale tempo in pensione, il progetto che dà il titolo al blog: le parole e le passioni, una raccolta di brani di letteratura ungherese (lo so, sono noioso) che mi hanno colpito particolarmente e di cui spiegherei gli aspetti comunicativi che ritengo più interessanti, come dal mio corso di analisi linguistica del testo (lo so, sono noioso). Per chi conosce la letteratura ungherese si tratterebbe di riprendere il modello proposto da Weöres in Három veréb hat szemmel, un libro a mio parere magnifico. Se gli studenti leggessero sarebbe un libro ottimo per insegnare letteratura ungherese.

Ma intanto vorrei proporre qualche poesia perché se ci sono lettori curiosi con il tempo e le condizioni che ci sono adesso possano passare qualche minuto in maniera sorprendente, e certo leggere una poesia ungherese non è quello che facciamo regolarmente.

Non prometterò una poesia al giorno… mi piacerebbe, ma non è il mio lavoro. Prometto però che non mi fermerò a questo post :)

Non scriverò il nome degli autori… se le parole sono belle, piaceranno.

Buone letture (e tutto il meglio per voi) a tutte e tutti








Europa (1930)

Europa, a te
proprio a te e per te che vola il mio appello
nel cieco tumultuare del secolo.
Mentre altri ti seppelliscono nella notte con sorde campane
possente la mia voce con un ditirambo ti augura
un buon giorno di festa.
Oh, antico continente
vecchio, scabroso, santo, esaltato,
mèntore di spiriti: tu profumi e sapori
raccogli, fai miracoli, tu dalla fronte alta, tu dai tanti libri
o vecchia Europa.
Se pure mi sei matrigna io lotto per te
e ti frusto colla mia voce, e ti ammalio coi miei baci
e ti soggiogo con le mie parole, perché tu infine possa amarmi.
Chi può strapparmi da qui
chi può strappare me dal tuo petto?
Non sono stato sempre un tuo innocente, fedele figlio?
Non mi sono forse sin dall’infanzia seduto la notte
alla luce della mia lampada a studiare la tua lezione,
ponendo attenzione e meraviglia alle tue cento lingue,
perché ogni loro parola potesse entrarmi nel cuore?
Da allora tutti capiscono il mio balbettìo,
ovunque io arrivo ho centinaia di cari parenti,
dovunque io mi trovo ho migliaia di fratelli.
Ho visto a Colonia le vecchie tedesche
ciabattare nella pioggia, a Parigi fatate
le donne francesi muoversi aggraziate,
a Londra le parrucche argentate dei Lords;
ho bevuto e mangiato in quartieri operai
tra il chiasso di italiani in appartamenti familiari.
E fino alle ossa mi dolgo del tedio
dei pallidi slavi e del bagliore dorato della loro tristezza
che stanca risplende.
Sono tutti a me cari questi popoli della terra,
il cuore si allarga e tutti li accoglie.

Accettatemi!
anche voi nei vostri cuori,
e voi di popoli lontani
i bardi – o poeti –
prendete le nostre parti a casa vostra accanto
ai nostri difensori, difendete le nostre madri, e allora noi
per voi a casa nostra lotteremo, perché possano vivere le vostre madri.
Urlate assieme,
spiriti arditi d’Europa, poeti,
che una vile fiera si nasconde nella cuccia,
e che cieche talpe scavano le loro gallerie.
Cantate assieme,
luci, prìncipi, guide spirituali,
che la nostra fortezza è lo spirito, è un castello tra le nubi:
in alto nel cielo l’ancoriamo, con duro amore
e con morbide, aeree parole.
Ricominciate a costruire, o poeti,
o soldati del castello tra le nubi.

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