Per dare qualche ragione in più di studiare la lingua ungherese ho pensato di raccogliere tre poesie di carattere “naturalistico” che mi sono molto care. Inoltre le ho lette per offrire a chi vi si imbatte un’idea del suono che hanno in originale. Trovate il file in mp3 a questo link: Piccolo Vademecum. I testi sono più sotto.
Se a qualcuno venisse in mente di osservare che la grafia della lingua ungherese è complessa posso rassicurare che invece è molto coerente, cioè accade molto più spesso che in italiano di pronunciare le lettere ed i gruppi di lettere sempre allo stesso modo. Insomma, non esistono differenze come ci e ca, sci e sca dell’italiano, oppure il suono della prima lettera in zucchero e zaino o della prima vocale in pèsca (il frutto) e pésca (l‘azione). Inoltre l’accento è sempre sulla prima sillaba, non dobbiamo controllare ogni volta dove deve essere posto... Insomma è più semplice di quanto sembra, basta imparare le corrispondenze. Aggiungerò che anche la grammatica dell'ungherese è semplice, per quanto gli ungheresi cerchino di negare questa evidenza. Fa parte delle convinzioni personali invece dire che questa lingua è molto bella e delle poche certezze di questo mondo che la letteratura ungherese è molto viva, accattivante, interessante e piacevole.
Spero che il lettore occasionale o motivato che ascolterà queste poesie abbia piacere di soddisfare qualche curiosità che possa essere nata da questa piccola iniziativa. Per ogni domanda potete scrivere all'indirizzo mail: paolo.driussi@uniud.it
Buon tutto!
Szentmihályi
Szabó Péter
Alberi
Oggi
ho piantato qualche albero.
Non
è gran cosa.
Ma forse con essi
Ma forse con essi
sopravviverò
ai miei versi.
Perché
il verso
quando
appare è già sporco.
È
sporca la base del cielo. Piove.
E
di nuovo si fa sera.
Perché
dunque restare?
Semplice è la morte
Semplice è la morte
Ma
questi pochi alberi
anche
allora resteranno,
e
chi vi giunga per caso
quando
ormai siano cresciuti
a
chi mai interesserebbero
ancora
i miei versi?
Fák
Ma
ültettem néhány fát.
Nem
nagy dolog.
De
ezekben talán
verseken
túl megmaradok.
Mert
piszkos a vers,
mihelyt
megjelenik.
Piszkos
az ég alja. Esik.
Ismét
esteledik.
Minek
is megmaradni?
Olyan
egyszerű a halál.
De
ez a néhány fa
még
akkor is áll,
s
ha valaki erre téved,
ha
felnőttek a fák,
kit
érdekelhetnének
verseim
is tovább?
Attila
József
Sarò
giardiniere
Giardiniere
sarò, crescerò alberi,
con
il sole mi alzerò,
solo
di fiori adottati
e
non d’altro mi curerò.
Ogni
fiore adottato
sarà
il più caro al mondo,
anche
erbaccia, non importa,
il
mio fiore sarà vero.
Bevo
latte, fumo pipa,
curo
bene il mio buon nome,
non
mi tocca pericolo,
io
stesso radici metterò.
È
necessario proprio questo,
ad
oriente, a occidente –
così
se il mondo finirà
sulla
tomba un fiore avrà.
Kertész
leszek
Kertész
leszek, fát
nevelek,
kelő
nappal én
is kelek,
nem
törődök
semmi mással,
csak
a beojott virággal.
Minden
beojtott virágom
kedvesem
lesz virágáron,
ha
csalán
lesz, azt se bánom,
igaz
lesz majd a virágom.
Tejet
iszok és
pipázok,
jóhíremre
jól
vigyázok,
nem
ér engem
veszedelem,
magamat
is elültetem.
Kell
ez nagyon, igen nagyon,
napkeleten,
napnyugaton
–
ha
már
elpusztul a világ,
legyen
sírjára
virág.
Attila
József
Vorrei essere melo selvatico
Vorrei essere un melo selvatico!
Un ramoso melo selvatico,
e che del mio corpo si saziasse
ogni piccolo ragazzo affamato,
riparato dalla mia ombra
Vorrei essere un melo selvatico
e che ogni orfanello solo,
se piange amare lacrime,
mi cercasse e con le lacrime
annaffiasse le mie radici.
Vorrei essere un melo selvatico
che se un giorno si seccasse
e fosse fatto tagliare da Babbo Natale
asciugasse con le sue fiamme
le lacrime tristi degli orfani.
E se fossi proprio un melo selvatico,
ci sarebbe gioja sulla terra e
mai tristezza alcuna, alcun soffrire
ed il migrare non tormenterebbe
i visi più sorridenti.
Szeretném,
ha vadalmafa lennék!
Szeretném,
ha vadalmafa lennék!
Terebélyes
vadalmafa,
s hogy
testemből jóllakhatna
minden
éhező kis gyermek,
árnyaimmal
betakarva.
Szeretném,
ha vadalmafa lennék,
s
minden egyes árva gyermek,
ha
keserű könnye pereg,
felkeresné,
s könnyeivel
öntözné
meg a tövemet.
Szeretném,
ha vadalmafa lennék,
mi ha
majd egykor kiszárad
és a
télapó kivágat,
lángjaival
felszárítaná
könnyeit
a bús árváknak.
S ha
csakugyan vadalmafa lennék,
volna
öröm a földön és
sehol
semmi bú, szenvedés
s a
mosolygó fejeket
nem
bántaná az elköltözés.
Nessun commento:
Posta un commento