Quattro riflessioni per quattro giorni passati a Budapest (gennaio 2008, dalla notte dell' 1 a sabato 5).
1 – Una capitale è – per l'uomo della periferia – una miniera di mille cose: tesori, per chi ne vede le molteplici possibilità, o pene, per chi di quella molteplicità soffre. Forse una capitale difficilmente può essere una via di mezzo, anche se talvolta Budapest mi sembra (o sembrava) proprio tale.
2 – Di Budapest mi piace sempre quell'aria famigliare che accoglie e accompagna ad ogni stradina. La città dopotutto "bassa" e caratteristicamente tale (non a caso un architetto americano chiamato a disegnare un centro ha chiesto quali fossero i grattacieli di Budapest, e alla risposta che non ce ne sono rispose che allora ne avrebbe fatti due) presenta angoli ancora "paesani". Forse questa accoglienza è accentuata da una realtà molto tormentata, in cui i poveri convivono ad ogni momento con tutte le zone della città. Interessante la visita al mercato al coperto di Hold utca (che fa il pajo con i grandi mercati coperti di Fővám tér, più frequentati e turistici), dove il primo piano è caratterizzato da negozi dell'estremo oriente, con tipologie che tanto si distaccano da quelle del mercato. Tipologie a cui dovrò presto o tardi abituarmi, invece di fuggirle costantemente per un senso di estraneità che mi instillano...
3 – Luci e ombre le troviamo ovunque. Erano ancora accese le luminarie natalizie, nelle notti semideserte di Budapest. Nella zona della Banca Nazionale nessuno poteva gioirne: anche i locali erano quasi deserti, nel freddo d'inizio gennaio. È anche spreco? Diverso effetto mi hanno invece fatto le luci attorcigliate ai rami e ai tronchi sul viale Andrássy, dove il traffico non cessa mai, e dove le luci evidenziavano gli archi dei rami protrusi sulla strada e accoglienti il grande traffico di quell'arteria tanto importante in città. È anche bello?
4 – Il ritorno in treno mi ha permesso ancora una volta di rendermi conto della misura in cui la Budapest dei turisti nulla ha a che fare con la Budapest ungherese (ora sempre più diradata per una Budapest internazionale, invero). Se ripenso a ciò che i turisti mi dicono di vedere, su consiglio delle guide, mi chiedo perché buttare i soldi per una città che non ci offre nulla di nuovo: Cittadella, ricordo delle guerre, gulash, Budavár e i palazzi reali, le terme, la cattedrale, piazza degli eroi. Il tutto condito quanto più possibile di elementi globalizzanti, che ci facciano sentire soprattutto a casa.
A chi piace Budapest accade di non sapere dire il perché. È questa ineffabilità che vorrei trasmettere alle persone che mi stanno intorno. Questa ineffabilità giojosa che io sento a Budapest ma si può sentire in tutto: nella musica, in una birra in compagnia, in un succo di frutta rigorosamente analcolico in compagnia, in una passeggiata a Fusine o in una qualunque città, per i più fortunati in uno sguardo o in un sorriso... Io l'ho imparata soprattutto in Ungheria. Quanto sarebbe bello se qualcuno mi dicesse dove posso provarla anche altrove!
uno spazio
QUESTO SPAZIO VUOLE CONDIVIDERE LA RICERCA PERSONALE DEL BELLO NELLE PAROLE, IN PARTICOLARE IN QUELLE DELLE POESIE, E NELLE PASSIONI, CHE SONO UN CARATTERE FREQUENTE IN CHI CERCA DI CRESCERE NELLA VITA IN COMUNE. SI TRATTA SEMPRE E COMUNQUE DI COSE CUI POSSIAMO FARE A MENO, È IN FONDO LA RICERCA DI CIÒ CUI NON DOBBIAMO ATTACCARCI. PERTANTO È ANCHE IL TENTATIVO DI CERCARE IL BELLO IN QUALUNQUE COSA DECIDIAMO DI FARE.
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